Per apprezzare al meglio l’opera che vedremo dal vivo il 4 ottobre è molto importante aver prima ascoltato un po’ di volte le arie principali, in modo da rendere più godibile lo spettacolo in teatro. Qui di seguito trovate la trama e le arie principali tratte da YouTube per poter ascoltare liberamente la musica.
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Il Trovatore
Opera di Giuseppe Verdi in 4 parti
Libretto di Salvatore Cammarano basato sul dramma dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez.
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Riassunto
PARTE PRIMA, Il duello
Atrio nel palazzo dell’Aliaferia a Saragozza, residenza dei monarchi d’Aragona. Ferrando, capitano delle guardie, narra agli astanti la storia di Garzia, figlio del vecchio conte di Luna e fratello del loro attuale giovane signore (“Di due figli vivea padre beato”). Un giorno una zingara venne sorpresa vicino alla sua culla: accusata di malefizio, la donna venne uccisa sul rogo. Per vendicare la madre, la figlia della gitana rapì Garzia e, tempo dopo, si trovarono nel luogo del supplizio le ossa di un bambino ancora fumanti. La donna aveva bruciato il figlio del suo nemico. Alla morte del padre, l’attuale Conte ha giurato di non interrompere le ricerche della colpevole.
Giardini del palazzo. Leonora, dama di compagnia della regina, si confida con l’ancella Ines: si è innamorata di un cavaliere che, senza insegne, s’impose in un torneo, ma la guerra civile li ha separati (“Tacea la notte placida”). Le dame si allontanano e il conte di Luna giunge per dichiararsi a Leonora, di cui è perdutamente innamorato. Lo ferma la voce di un trovatore: è Manrico, il valoroso cavaliere incognito, che canta la sua dama. Leonora torna sui suoi passi e, ingannata dall’oscurità, si getta fra le braccia del Conte. Manrico si palesa risolvendo l’equivoco, ma il Conte ravvisa in lui non solo il rivale in amore, ma anche un pericoloso avversario politico, seguace del ribelle conte d’Urgel. I due iniziano a duellare, mentre Leonora cade a terra svenuta.
PARTE SECONDA, La gitana
Un campo di zingari sui monti della Biscaglia (Vedi! le fosche notturne spoglie”). Azucena, già protagonista del racconto di Ferrando, intona una canzone dedicata a una zingara arsa sul rogo (“Stride la vampa”). Accanto a lei giace convalescente il figlio Manrico, cui la gitana narra la sua tragedia: volendo vendicare la madre ha scaraventato nelle fiamme il proprio figlio, invece di quello del conte di Luna che aveva sottratto alla culla (“Condotta ell’era in ceppi”). Il trovatore dubita delle proprie origini, ma la madre lo rassicura: del suo affetto sono prova le cure che gli ha prodigato dopo che Luna, assalendolo col suo drappello, l’ha lasciato moribondo sul campo di battaglia. Nel duello all’Aliaferia precedente lo scontro, Manrico stava invece per trafiggere il rivale, quando un richiamo interiore lo aveva fermato. Appreso da un messo che, credendolo morto, Leonora ha deciso di entrare in convento, il giovane parte per riconquistare l’amore, vincendo le resistenze della madre.
Un chiostro vicino alla fortezza di Castellor. Il Conte e i suoi uomini si apprestano a rapire Leonora mentre si avvia al monastero (“Il balen del suo sorriso”), ma arriva il trovatore seguito dal luogotenente Ruiz e dalle sue truppe, sventando il piano del rivale. Mentre Luna dà in escandescenze, Leonora, incredula, abbraccia il suo cavaliere.
PARTE TERZA, Il figlio della zingara
Accampamento sotto le mura di Castellor. Le sue truppe sono schierate, e il Conte pregusta il momento in cui potrà riconquistare non solo la rocca, tenuta dall’esercito ribelle di Manrico, ma anche la donna che ama. La cattura di una gitana che vagava nei paraggi gli fornisce ulteriori motivi di gioia: sottoposta a tortura, la donna rivela di essere la madre del trovatore, mentre Ferrando riconosce in lei la zingara che aveva rapito il fratello del Conte. Mandando a morte l’autrice di quel delitto, il Conte avrà vendetta completa.
Sala adiacente alla cappella nella fortezza di Castellor. Manrico e Leonora si apprestano a sposarsi prima della battaglia decisiva (“Ah sì, ben mio, coll’essere”). Ma Ruiz porta la notizia della cattura di Azucena, e Manrico parte per salvarla dal rogo (“Di quella pira”).
PARTE QUARTA, Il supplizio
Un’ala del palazzo dell’Aliaferia con una torre d’angolo. L’esercito di Manrico è stato sconfitto. Leonora è riuscita a fuggire da Castellor e a far perdere le sue tracce ma ora, introdotta da Ruiz, ha raggiunto la torre dove Manrico è prigioniero (“D’amor sull’ali rosee”). La giovane ascolta la voce del trovatore che proviene dalla torre, mentre un coro intona un «Miserere» per chi è in punto di morte (“Miserere d’una alma già vicina“). Pronta a tutto pur di salvarlo, Leonora offre se stessa al Conte, che ha già condannato al rogo Azucena e il trovatore alla decapitazione: questi, incredulo, accetta. Per non adempiere al patto la giovane sugge di nascosto una dose letale di veleno.
Orrido carcere. Manrico attende il supplizio insieme ad Azucena che, terrorizzata dalle fiamme, alterna torpore e veglia. Irrompe Leonora, che porta la grazia ottenuta dal rivale: l’annuncio manda su tutte le furie Manrico, che ingenerosamente le rinfaccia l’accordo con il rivale. Ma il veleno agisce, e di fronte alla verità Manrico intende e si pente. Anche il Conte, tuttavia, apprende l’inganno, e quando Leonora muore manda immediatamente il trovatore al patibolo. Risvegliatasi di soprassalto, Azucena svela, anch’essa in punto di morte, il mistero: Manrico era Garzia, il fratello di Luna. La vendetta della zingara è finalmente compiuta.
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Arie celebri (quelle contrassegnate dall’asterisco sono le più importanti)
- Di due figli vivea padre beato, aria di Ferrando (Atto I)
- Tacea la notte placida, aria di Leonora (Atto I) *
- Vedi! le fosche notturne spoglie, coro dei gitani (Atto II)
- Stride la vampa, canzone di Azucena (Atto II) *
- Condotta ell’era in ceppi, aria di Azucena (Atto II)
- Il balen del suo sorriso, aria del Conte di Luna (Atto II) *
- Ah sì, ben mio, coll’essere, cantabile dell’aria di Manrico (Atto III) *
- Di quella pira, cabaletta dell’aria di Manrico (Atto III) *
- D’amor sull’ali rosee, aria di Leonora (atto IV) *
- Miserere d’una alma già vicina, tempo di mezzo dell’aria di Leonora (atto IV)